L’OPERA PITTORICA DI FRANCESCO PAULA PALUMBO, di Maurizia Cavallero (scrittrice e storica dell’arte)

 

“Natura esuberante” è il titolo particolarmente significativo della mostra tenutasi a Cherasco (CN), che nel 2021 mi ha fatto scoprire l’arte di Francesco Paula Palumbo. La rassegna, allestita nei prestigiosi ambienti di palazzo Salmatoris, ha proposto un’ampia panoramica della pittura di un artista che senza dubbio dovrebbe essere conosciuto meglio e di più. La natura è il fil rouge intorno al quale ruota l’intero corpus pittorico di Palumbo. Si tratta comunque di una natura “esuberante” in tutti i sensi, perché l’artista parte dal dato oggettivo per modularlo e declinarlo secondo la propria sensibilità di artista e di uomo. Lo scopo della pittura infatti non consiste, e non è mai consistito, nel riprodurre il visibile, ma nel tradurlo in immagini creativamente personali, comunque in inevitabile sintonia con il periodo storico in cui ogni singolo artista si trova a operare. Al proposito non mi stanco mai di citare una frase di quel grande critico e storico che è stato Roberto Longhi: “L’arte non è imitazione della realtà, ma interpretazione individuale di essa.”

Francesco Paula Palumbo è quindi un artista vero che si concentra soprattutto su nature morte e su paesaggi innevati, in grado sempre di innescare un interessante processo gnoseologico di supposizioni plurime e di riflessioni ad ampio raggio. Uno sguardo attento non trova nulla di ripetitivo né di meramente descrittivo nelle varie opere che il figlio Claudio Palumbo presenta secondo una scelta oculata, competente e affettuosa, ideale chiave di volta per penetrare nel complesso mondo pittorico di Francesco Palumbo, nato a Taranto nel 1917 e deceduto a Torino, la sua città di adozione, nel 2008.

A prescindere dall’indiscussa abilità tecnica, qualsiasi tela di Palumbo evidenzia un tratto stilistico perfettamente riconoscibile, sicuramente moderno, ma con importanti ascendenze quanto a capacità di rielaborazione del dato visivo. Questi precedenti si possono ascrivere sia alla visione emozionata del paesaggio dell’inglese John Constable (1776-1837), secondo la definizione di Giulio Carlo Argan, sia al modo di trattare l’acqua dell’impressionista Alfred Sisley (1839-1899), capace anche di cogliere il genius loci di ogni scorcio di paesaggio raffigurato. Francesco Paula Palumbo riesce ad aggiornare la lezione di questi illustri predecessori ravvivandola mediante l’innesto di un substrato metafisico da cogliersi e da approfondirsi oltre la pelle superficiale delle immagini.

Le nature morte dipinte da Palumbo evidenziano chiaramente il timore dell’ horror vacui, per cui le tele risultano riempite per intero da fiori e da frutti in grado di far intuire, pur nell’accorto accostamento dei colori, tratti di animali fantastici o di più prosaiche parti anatomiche del corpo umano.  Ed è quasi come trovarsi di fronte ad un ben dipinto rebus che ognuno di noi può risolvere seguendo intuizioni molto personali e altrettanto individuali retaggi culturali. Paradossalmente non esiste natura morta più viva di questa, giusto per tornare all’originaria definizione fiamminga di natura silente in quanto rappresentazione di oggetti inanimati. Tuttavia nelle tele di Palumbo la vita pulsa comunque, per cui in questo caso si potrebbe anche parlare di natura interrogativa per via della ricchezza di ulteriori pensieri e immagini che da lì escono quanto mai vivi e vitali.

Un altro tema centrale nella pittura di Francesco Paula Palumbo è costituito dai paesaggi, soprattutto innevati, ispirati all’artista dall’amato Canavese o dalla val di Susa. Le case, la neve, il ruscello, lo sfondo montagnoso: questo piccolo mondo sembra immobile, ma il pennello del pittore riesce sapientemente a vivacizzarlo fino al punto di creare talvolta suggestive fantasie antropomorfe. In lontananza i rilievi alpini assistono, quasi divertiti e geologicamente in movimento, sebbene mai incombenti, al tramestio mentale di chi resta affascinato da questo ambiente antropizzato. Le figure umane compaiono raramente nelle tele di Francesco Paula Palumbo, mentre segni indiretti di tali presenze appaiono disseminati con una costanza e uno spessore che schiudono sempre nuovi portali di scoperta, giusto per prendere in prestito un termine tratto da James Joyce. La casa e lo scorrere dell’acqua restano due elementi importanti e ricorrenti nella pittura di un artista che non intende limitarsi a rappresentarli, ma che in maniera alquanto originale invece li arricchisce di un’aura (nel senso in cui la intende Walter Benjamin) a sua volta fonte di riflessioni esistenziali fondamentali. Dal punto di vista tecnico mi ha colpita molto il modo con cui Francesco Paula Palumbo tratta l’acqua nel suo movimento, per lo più a livello di fiumiciattoli montani. Nessun dettaglio risulta superfluo, neppure la disposizione degli alberi lungo le rive oppure la collocazione di qualsiasi semplice ansa. Palumbo dipinge l’acqua non da impressionista e neppure da divisionista, ma utilizza uno specifico tratto circolare che comunque richiama puntuale, senza ombra di dubbio, il “tutto scorre” di Eraclito. In ogni caso l’intera produzione artistica di Francesco Paula Palumbo consiste in un continuo rimando da pittura pura ad approfondimento conoscitivo del vivere, pur senza rinunciare a gustosi risvolti fantasiosi e fantastici. Il colto artista deve essersi divertito parecchio nell’elaborare le sue opere vivendosele addosso con ironia ed entusiasmo.

Non saprei proprio su quale tela soffermarmi in particolare tanto denso e avvincente si rivela questo compatta produzione pittorica, apparentemente priva di evidenti fasi distinguibili nell’ambito del suo svolgimento. Personalmente amo soprattutto i paesaggi di montagna, con la neve che avvolge di silenzio le baite onnipresenti, quasi umanizzate nella loro architettura solida e funzionale, nel contempo luogo di isolamento e momento di aggregazione per qualsiasi piccola laboriosa comunità. Il quadro intitolato “Fonte di vita” ha una forte connotazione religiosa, che richiama ad esempio la concretezza teologica teorizzata dal monaco e architetto benedettino olandese Hans Van der Laan (1904-1991), secondo il quale si situa nella natura il punto di partenza della successiva costruzione liturgica. La tela “A disposizione” si risolve invece nella visualizzazione di un moto centrifugo e/o centripeto, che ognuno di noi può interpretare sulla base del proprio bagaglio culturale ed emozionale. E quest’ultima affermazione conferma, secondo me, la profonda bellezza dell’arte, che per essere tale non deve limitarsi a confezionare immagini tecnicamente perfette, ma deve assumersi l’l’impegno estetico ed etico di suscitare interrogativi e riflessioni di più vasta portata, proprio come accade osservando con attenzione i dipinti di Francesco Paula Palumbo.

Un ultimo rilievo va dedicato alla cura con cui sono state scelte le splendide e ricche cornici, perfettamente intonate ad un contesto pittorico già di per sé estremamente valido e importante.

Commenti

  1. FRANCESCO PAULA PALUMBO

    Torinese d’adozione, nasce a Taranto il 14 marzo del 1917 e muore a Torino il 22 ottobre 2008.
    Inizia la sua carriera artistica negli anni 30 sotto la sapiente guida del fratello Simone, pittore e scultore diplomato presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, collaboratore del celebre Umberto Mastroianni.
    Per più di mezzo secolo Francesco Paula Palumbo ha trasferito sulla tela emozioni che solo la natura sa suscitare: paesaggi, fiori e frutta si offrono agli occhi degli spettatori con dovizia di particolari e amorevole cura. Le composizioni si presentano ordinate, con colori calibrati e intonati, tali da determinare una piacevole sensazione di equilibrio e rigore. Fantasiose forme dal disegno deciso e sicuro si susseguono, creando esuberanti intrecci che riempiono la superficie in tutte le sue parti senza lasciare nessuno spazio libero, così da suggerire un’ispirazione quasi fiabesca nella riproduzione di una realtà immediata e quotidiana. Una natura rivista, ricomposta in un ordine geometrico, che esprime l’essenza intima, quasi religiosa, delle forme. Uno stile assolutamente personale che è valso a Francesco Paula Palumbo molti riconoscimenti di critica e di pubblico.


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  2. From 15 october to 14 november, 2021.
    Chiesa di San Giuseppe, di Alba.

    Painting exhibition by Maestro Francesco Paula Palumbo: “Natura Esuberante”,

    with the support of Fondazione CRT and under the patronage of the Association for the Heritage of the Langhe-Roero e Monferrato Wine Landscapes.

    A Turin resident by adoption, he was born in Taranto on 14 March 1917 and died in Turin on 22 October 2008.
    He began his artistic career in the 1930s under the expert guidance of his brother Simone, a painter and sculptor who graduated from the Accademia Albertina di Belle Arti in Turin and worked with the famous painter and sculptor Umberto Mastroianni.
    For over half a century Francesco Paula Palumbo has been transferring on canvas the emotions that only nature can inspire: landscapes, winter landscapes, flowers and fruit are offered to the viewers’ eyes with a wealth of details and loving care. His compositions are neat, almost geometric, with calibrated and harmonious colours that create a pleasant sensation of balance and rigour. Fanciful forms with a decisive, confident design appear, one after the other,and create some exuberant interweavings that fill the surface in all its parts without leaving any free space, to such an extent that they suggest an almost fairy-tale inspiration in recreating an immediate, everyday reality. A revised and rearranged nature that expresses the intimate, almost religious, essence of the forms. A vision of the world that is at the same time rational and naive, balanced and exuberant and which defines this author’s stylistic hallmark. An absolutely personal style that does not originate from any school, or rather, it crosses and revisits them all, to reach a final phase of its own. A tormented itinerary that has earned Francesco Paula Palumbo many accolades from critics and the public.

    The exhibition vernissage is scheduled on Friday 15 October 2021 at 5 p.m. at the Church of San Giuseppe in the presence of the President of the Fondazione Culturale San Giuseppe, Roberto Cerrato, the President of the Fondazione della Cassa di Risparmio di Torino, Prof. Giovanni Quaglia, and Prof. Claudio Palumbo, the artist’s son.
    Info: Telephone +39 0173 293163
    E-Mail: centroculturalesangiuseppe@gmail.com
    Website: www.centroculturalesangiuseppe.it

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  3. DA ALCUNI COMMENTI DEI VISITATORI DELLE MOSTRE

    Una pittura a olio esuberante e allo stesso tempo delicata, leggera e compatta, in cui non si nota traccia di pennello, proprio perché circolare, frattalica e olistica.

    Movimenti circolari del pennello, che si scorgono soprattutto nelle acque, danno l’idea del “tutto scorre”, del panta rei.

    Una natura antropomorfica in cui, per esempio, le case paiono umanizzate e sembrano guardare l’osservatore.

    Si tratta di astrattismo della natura e di autentica realtà aumentata.

    Un modo grafico di pitturare: valido, evoluto e di alto valore.

    Uno stile originale, quello di Francesco Paula Palumbo, riconoscibile sempre; un simbolismo universale, più o meno celato, capace di suscitare forti emozioni e in cui ognuno può ritrovare spunti di riflessione e interpretazione in grado di far emergere vecchie e nuove consapevolezze.

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  4. … la transepocalità della pittura di Francesco Paula Palumbo, la presenza di simbologie religiose e non solo senza darne eccessivo risalto, uno stile inimitabile e un’elevata capacità di disegno …

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  5. … Originalità, osservazione e morbidezza nelle raffigurazioni rapiscono lo sguardo … Frutti vellutati che si trasformano in sembianze umane … I quadri sembrano prendere consistenza materica davanti agli occhi dell’osservatore, molto affascinante!” ...

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  6. Con la sua arte ci ha lasciato un messaggio vibratorio, i suoi dipinti vibrano alla “quinta dimensione”: è la nuova dimensione in cui stiamo andando. Chi mette in casa un suo dipinto regala a se stesso ottime vibrazioni per la propria salute ed evoluzione.

    Sicuramente dipingeva oltre i canoni tradizionali dell'epoca e le sue opere erano di natura evolutiva. Mantenendo plasticità e proporzioni matematiche, indicava la visione di un futuro permeato di perfezione.

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  7. Tutte le opere d'arte di Francesco Paula Palumbo danno l'idea del movimento, come nel futurismo!
    È un "ordine esuberante" quello di Francesco Paula Palumbo!

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  8. MAURIZIA CAVALLERO (scrittrice e storica dell’arte)

    FRANCESCO PAULA PALUMBO (seconda parte)
    Il pittore Francesco Paula Palumbo purtroppo ha lasciato questo mondo nel 2008, ma la sua arte non smette di stupire ancora dal momento che si presta a più chiavi di lettura e a interpretazioni tanto soggettive quanto diversificate. Il figlio Claudio coltiva con passione la memoria dell’opera paterna allestendo mostre di gran successo di pubblico di critica. E ogni personale di Palumbo si risolve in un’interessante occasione di ulteriore approfondimento di una pittura che non annoia mai nella sua versatilità propositiva.
    Un quadro di Francesco Paula Palumbo in effetti sembra tale ad uno sguardo superficiale, ma, procedendo ad una analisi appena un po’ più dettagliata la situazione si complica. Sembra proprio un quadro, ma si risolve invece in un puzzle di immagini, di pensieri, di particolari apparentemente marginali, di sensazioni che ognuno di noi può scomporre e poi rielaborare a modo proprio. Il fattore ricerca qui viene personalizzato, cercando comunque di andare al nocciolo di quel che la cultura, lo stile e l’ironia subliminale dell’autore avrebbero voluto esprimere. Per essere tale, ritengo che l’opera di un artista debba proporsi come un labirinto da esplorare a mani nude, da decodificare e da reinterpretare ciascuno a modo proprio. In questo senso, non solo quindi per l’abilità tecnica, Francesco Paula Palumbo è un vero artista, perché c’è sempre tanto pensiero in ogni piega di un suo paesaggio o di una sua natura morta. Credevo di conoscere a fondo la pittura di Palumbo, ma davanti a ogni sua tela riesco ancora a stupirmi e a pormi interrogativi sempre nuovi. La produzione pittorica di Palumbo affascina perché ha il sapore dell’antico e la malìa del moderno, perché propone certezze figurative che però sottintendono inquietudini molto contemporanee.
    Per formazione e inclinazione personalmente preferisco i paesaggi innevati, per lo più ambientati in val di Susa o nel Canavese, dove l’artista ritrae una natura antropizzata pur se sulla tela non compaiono figure umane. La natura di Palumbo non è oggetto di contemplazione né significa isolamento dalle cose del mondo. L’artista concepisce il paesaggio in maniera etimologicamente corretta, cioè come punto di incontro tra natura incontaminata e intervento umano, sia questo limitato ad uno sguardo attento oppure ad un atto più concretamente incisivo. Il pennello di Palumbo ci restituisce una neve viva e, direi, attiva, una bianca distesa non omogenea interrotta da baite dipinte accuratamente e talora di aspetto addirittura antropomorfo. Certi portoni sembrano quasi sorridere con una punta di saggezza tutta montanara…. In Palumbo la natura si evidenzia in funzione dell’uomo, che a sua volta fa tutto fuorchè violarla o strumentalizzarla. Non si tratta quindi di un idillio bucolico, ma di un’attenta ricognizione sociologica ad alto tasso di valenza formale. Francesco Paula Palumbo sembra avere con la montagna un rapporto quanto mai equilibrato, ammirato sì, ma non idealizzato. E’ come se la considerasse un comune aspetto del vivere, da indagare con curiosa attenzione, nei limiti del naturale avvicendarsi delle stagioni. Questo approccio lo si può scoprire e lo si può approfondire osservando con attenzione ogni tela che l’artista ha dedicato al soggetto in questione.
    Degno di nota è anche il modo in cui l’artista riproduce felicemente sulla tela il moto dell’acqua, a piccoli tocchi circolari, molto personali e molto significativi.
    Questo percorso di conoscenza si può ovviamente applicare anche alle dense nature morte, che Palumbo riempie di immagini e di suggestioni senza soluzione di continuità, ma ricche invece di possibili variabili interpretative, come se ogni forma ne attirasse o ne facesse supporre un’altra.
    In fondo è bello perdersi in questo autentico labirinto, nel contempo figurativo e concettuale. E il successo ottenuto nel corso del 2021 dalle mostre di Francesco Paula Palumbo allestite a Cherasco, a Cuneo, a Fossano, a Alba e a Rivarolo è lì a dimostrarlo.

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